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Lo scandalo di Facebook apre la backdoor sui dati utenti

50 milioni. Ecco il numero degli utenti tenuti sotto controllo da parte della Cambridge Analytica, un’azienda con base a Londra, che ha spiato oltre 50 milioni di utenti americani, e non solo, per capire i loro interessi al fine di manipolare informazioni e notizie per le elezioni americane, vinte da Donald Trump, ma anche la votazione sulla Brexit. Ma perchè la cosa è diventata di dominio pubblico? La causa scatenante è stato il furto di questi dati da parte Cambridge Analytica grazie ad un’app per il test della personalità (thisisyourdigitallife); l’app, realizzata dalla Strategic Communication Laboratories, andava a profilare i vari utenti e girava i risultati all’azienda londinese, senza aver mai chiesto il consenso agli interessati e violando le regole di Facebook.

Lo scandalo è venuto fuori grazie a Christopher Wylie, ex dipendente per conto della Cambridge Analytica nonchè creatore della piattaforma, che ha deciso di denunciare la cosa. La reazione del pubblico non si è fatta attendere e sui social impatta l’hashtag #DeleteFacebook con richieste di boicottare la piattaforma, oltre a creare gruppi per mettere in piedi una class-action.

Nel frattempo Facebook ha perso il 5%, dopo aver perso ieri il 7%, per il totale di oltre 37 miliardi di dollari e si stima che la perdita totale potrebbe arrivare a 60 miliardi di dollari. Non solo Facebook ma anche Twitter e Snapchat stanno perdendo in borsa, trascinando verso il basso le varie borse mondiali.

E Zuckerberg? Il fondatore di Facebook non ha ancora rilasciato dichiarazioni, mentre da tutte le parti stanno invocando una sua presa di posizione ed una spiegazione a quanto accaduto. Dall’Europa, agli USA, tutti vogliono avere una risposta e la vogliono subito. Non aver mai notificato la Data Breach è l’elemento critico dello scandalo e questo potrebbe significare che altre aziende, che generano app, potrebbero aver seguito la stessa strada, magari all’oscuro di Facebook o magari con il loro consenso tacito.

Caso Simile in Italia

Nel 2012 pare ci sia stato un caso simile riguardante il pubblico italiano, con un’azienda che avrebbe avuto accesso ai dati per profilare e trarre vantaggio nelle elezioni. Non è ancora chiaro se la questione sia reale e quale sia, ed in quale misura, il gruppo interessato.

GDPR

Cosa sarebbe successo se il fatto fosse successo il 26 maggio? Sicuramente il GDPR sarebbe stato applicato al 100% e la multa sarebbe stata incredibilmente alta e forse la fortuna di Zuckerberg è proprio quella che lo scandalo sia uscito fuori adesso, anche se non è detto che l’Unione Europea, così come Federal Trade Commission, potrebbero aprire un’indagine e multare lo stesso il colosso dei social.

Questa vicenda ci insegna che la gestione del dato è fondamentale e che anche negli scenari aziendali è obbligatorio proteggere gli endpoint, impedendo di poter installare applicazioni non consentite, che potrebbero controllare il contenuto dei nostri device e quindi delle informazioni aziendali. Dal punto di vista invece prettamente personale, sarebbe bene essere meno “social” e tenersi per conto proprio idee, pensieri e condivisioni personali.

Chi è il Colpevole?

Per molti la colpa è di Cambridge Analytica (che ci ha spiati), per altri è di Facebook (che ha permesso che ci spiassero) e per qualcuno è di Steve Bannon (colui che ha seguito la campagna Trump e che avrebbe ideato il sistema di audit) ma forse la colpa è semplicemente degli utenti. In un’epoca in cui siamo subissati da siti web e portali di ogni genere, l’utente medio non legge le condizioni di utilizzo, non legge come potrebbe essere trattato il suo dato e tende ad accettare tutto in maniera indistinta. Quando firmiamo un contratto, oppure scarichiamo un app, consentendo ai nostri dati di essere gestiti, allora rischiamo di finire in un vortice che ci priva della privacy e che mette alla berlina la nostra identità digitale (il bene più prezioso del terzo millennio).

Forse dovremmo essere più responsabili quando usiamo i social network, quando condividiamo le foto dei nostri figli, quando parliamo dei nostri problemi in pubblico o quando scarichiamo applicazioni di dubbia provenienza. Magari il caso Cambridge Analytica/Facebook smuoverà un po’ gli animi delle persone o forse faremo gli indignati per i primi mesi, per poi tornare a giocare al prossimo quiz che ci verrà proposto per scoprire chi eravamo in passato.